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Storie

Che valore hanno tutte queste persone? Grande.

Il mio “battesimo” è stato l’8 marzo 2006. Studiavo all’università, il tempo libero era tanto e l’idea di usarlo per un progetto tanto utopico quanto concreto era proprio bella. Superate le classiche titubanze iniziali, ho vissuto una vera e propria parabola di collaborazione, fatta di un primo picco, con interi periodi d’esami letteralmente buttati a mare per rimpinguare l’editcount (ed io che pensavo di essere immune dalla wikidipendenza!), di un plateau e di una successiva fase discendente e di “diversificazione” (voler bene a Wikipedia non vuol dire solo patrollare notte e giorno).

Giac a FuoriTarget08 (CC-BY-2.5, Laurentius)


Pensando a questo percorso, non posso non pensare ad alcuni volti (anzi, ad alcuni nick):
* Esculapio, forse la persona che più ho stressato quand’ero niubbo per aprire il progetto Bio;
* Biopresto, che mi candida in maniera del tutto inattesa e mi costringe ad imparare “tutta wikipedia” in pochi giorni;
* Il “suvvia, supportiamo” di Jollyroger durante l’elezione;
* Tanti nick che diventano facce vere alla prima wikibirrata agostana (e un cartello posticcio “wikipedia” messo lì da un fotografo per identificarci);
* Ggonnell e la sua “mozzarella blu”;
* Un controllo per eccesso di zelo sulla voce Israele e l’intera comunità costretta a riscrivere centinaia e centinaia di voci copiate;
* La dovizia di particolari di Elitre nello spiegarmi come “non fare cagate” in OTRS;
* Civvì e la sua stupenda idea di nome per il nostro progetto: “CoCoCo”;
* Francesco, Luca, Miklis e gli altri del raduno a Firenze; ufficialmente ero lì per rilassarmi e scrivere con calma la tesi… ;-)
* La mano di Sailko per inserire le biografie degli scienziati italiani;
* Foster ed un progetto enzimi che chissà quando sarà concluso
* La citazione sulla pagina della capa.

Che valore hanno tutte queste persone? Grande. Ma non lo dico per piaggeria, e vi spiego perché.

A me piace pensare che Wikipedia verrà usata sempre più come strumento didattico (nelle scuole e non), per insegnare ai giovani di domani ad avere spirito critico. Wikipedia, infatti, non è scienza infusa (questa è la nozione vecchia di “enciclopedia”!), ma aiuta invece a farci le domande giuste mentre studiamo (e non solo): mi posso fidare di quanto è scritto qui? dove posso andare a cercare le conferme? Abbiamo infatti bisogno di (con)cittadini che siano curiosi e che abbiano mezzi fisici ed intellettuali per pensare con la propria testa, non di yes-men che ripetano le cose a macchinetta.

Questa non è una prospettiva da poco. E, quando penso a questi “compagni di scrittura” e a tutte le giornate passate con le dita su una tastiera, visualizzo proprio dei (con)cittadini che stanno aiutando a rendere tutto ciò sempre meno utopico. Poi, ecco, magari stiamo tutti sognando (a me piace!) e tutto ciò non lo otterremo mai. Beh, se così sarà avremo “semplicemente” raccolto, ordinato e categorizzato una quantità incredibile di scibile umano che di certo non andrà mai fisicamente persa. E scusate se è poco.

Giac83

Internet, non un libro stampato ma un libro da scrivere

Mi fa paura pensarci, ma più della metà della mia vita l’ho trascorsa senza sapere cosa fosse internet.

L'ENIAC, uno dei primi calcolatori elettronici (U.S. Army photo)


I computer invece no, ho sempre saputo che esistevano e che sarebbero diventati sempre più potenti. Ma ecco, da bambino avevo un’idea piuttosto sfasata. I chip erano già in circolazione, ma io ancora pensavo ai calcolatori dei vecchi film, quelle stanze piene di valvole roventi che estraevano radici cubiche in pochi minuti, incredibili. I cervelli elettronici, giuro che li chiamavamo tutti così. E pensavamo che rispondessero alle domande. Non scherzo: l’idea era che l’uomo accendesse un pulsante, facesse una domanda (a voce, o con una scheda perforata, ma questi erano dettagli), ad esempio, “Quanto è alto il Monte Bianco?”, e lui dopo un po’ avrebbe risposto: “4810 metri”, perché i cervelloni avrebbero saputo tutto. Come Hal 9000: lo accendi, lui ti saluta, chiede se può esserti utile, ti propone una partita a scacchi, congiura alle tue spalle, eccetera: l’idea che avevo del computer da bambino era questa. No, grazie, Hal, niente scacchi, ma mi potresti fare questi problemi di geometria per domani?

La rabbia di appartenere all’ultima generazione che i compiti doveva farseli senza ausilio di un cervellone positronico svanì d’incanto non appena ebbi tra le mani un vero “computer”. Perché un bel giorno arrivarono nelle case, ed erano oggetti ben diversi da come ce li eravamo immaginati. Molto meno grossi, grazie al cielo. In compenso, assolutamente stupidi. Quando spiego ai miei alunni che alla loro età – tredici anni – possedevo un computer con ben otto kilobyte di memoria fissa, mi guardano come si guarderebbe uno scriba egizio del Medio Regno. Ma il vero choc culturale fu scoprire che anche quegli 8 Kb erano vuoti. Non ti vendevano un enciclopedia, per quanto minuscola. Ti vendevano un contenitore vuoto, un oggetto che appena acceso conosceva solo qualche nozione di aritmetica, in pratica una grossa calcolatrice che non aveva la più pallida idea di cosa fosse il Monte Bianco. Svanita la speranza di usarlo per i compiti, il computer diventava un oggetto affascinante proprio in quanto stupido. Ci potevi giocare, in vari modi, e (nel giro di una decina d’anni) saresti anche riuscito a lavorarci. Ma sarebbe sempre rimasto l’amico nerd con cui dialogare in Basic, che sa risolvere i logaritmi ma non ha la minima idea di cosa sia l’Egitto. Per molti anni non ho più pensato che il computer fosse un oggetto a cui chiedere le cose.

Vent’anni dopo è successa una cosa straordinaria. Mi hanno montato una lavagna interattiva in una classe, e ora possiamo andare su internet quando vogliamo. Qualsiasi domanda ci venga in mente… tu digiti, e in pochi secondi internet ti risponde. I ragazzi ci si abituano subito, del resto la maggior parte ha già internet in casa, e le ricerchine le sanno fare, anche solo per trovare le specifiche di un videogioco. E così mi sono reso conto di una cosa.

Oggi i computer assomigliano molto di meno a quegli scatoloni vuoti che ho cominciato a usare alle medie, e molto di più a quei cervelloni che sognavo da bambino. Guarda il modo in cui li usano i ragazzi: fanno domande, e il computer risponde. Ovvero no, in realtà a rispondere è Internet, attraverso Google e Wikipedia. Ma per il bambino che ero trent’anni fa tutti questi sarebbero dettagli incomprensibili; l’essenziale è che il computer, oggi, è un tizio coltissimo che se gli chiedi una cosa – mediante tastiera – ad esempio “Quanto è alto il Monte Bianco?” – ci mette pochi secondi a rispondere: “4810 metri”. Proprio come Hal 9000.

La cosa che non mi sarei aspettato, da bambino, è il modo in cui i computer hanno compiuto questa evoluzione. Mi sarei aspettato un progresso tecnologico: valvole sempre più efficaci, bobine sempre più veloci… a un certo punto avremmo dato da mangiare a un cervellone più grande degli altri l’intero scibile umano sotto forma di schede perforate e… voilà, il Cervellone avrebbe saputo tutto. Mi sembrava logico che sarebbe andata a finire così. E invece le cose hanno preso una via inattesa. All’inizio c’era Internet, una rete di contenuti buttati un po’ qua e un po’ là, scarti di tesi di laurea e vecchi archivi di forum, informazioni generalmente scadenti che oscillavano per il mondo in modo browniano, e persino Google molto spesso non era in grado di trovarti un granché, per il semplice motivo che in rete – malgrado tutte le chiacchiere che se ne facevano su libri e riviste specializzate – non c’era ancora un granché. Fino al 2000, più o meno.

Eppure in un qualche modo Internet non era tutta lì. Essa comprendeva anche i suoi utenti: non era un’intelligenza artificiale, ma un’intelligenza collettiva, metà carne metà html (cyborg, si diceva in quegli anni). Ecco, io credo che il momento decisivo è stato quello in cui questa intelligenza collettiva, ancora non molto intelligente e non molto collettiva, ha preso atto della sua pochezza e… ha cominciato a fare delle domande all’utente. In pratica, il momento in cui ha creato wikipedia. Wikipedia era il posto dove il signor Internet ammetteva di non saperne abbastanza, e ti chiedeva aiuto. Pensateci, forse il test di Turing lo ha passato in quel momento in cui gli abbiamo fatto una domanda (“Quanto è alto il Monte Bianco?”) e lui ha risposto con una domanda (‘Non lo so, dimmelo tu per favore’). Una rivoluzione copernicana. Abbiamo smesso di pensare a Internet come a un libro stampato e abbiamo cominciato a considerarlo un libro da scrivere, una creatura da crescere, qualcosa a cui insegnare le cose.

Wiki è stato il momento, è stato il luogo in cui il signor Internet ha scoperto di non sapere, e ha fatto il primo passo giusto verso la conoscenza di sé e degli altri. Oggi, se chiedi quand’è alto il Monte Bianco, Internet attraverso Wikipedia ti dice: ‘Mi risulta che sia alto 4810 m., ma non posso esserne certo; per favore, se la sai più lunga di me, correggimi. Non chiedo di meglio'(*). Hal 9000 era molto più spocchioso. Poi certo, anche l’ibrido collettivo che chiamiamo Internet, ma più precisamente Wikipedia, ha i suoi difetti. Tutti i difetti umani dei suoi utenti (pignoleria, superficialità, ignoranza, spocchia, ecc. ecc. ecc.), più i difetti dei computer. Però è la più grande creatura che abbiamo visto nascere. Ha solo dieci anni e forse sa già più cose delle enciclopedie vere. È un gigante buono che è disponibile a raccontarti qualsiasi cosa, ci puoi passare le serate. E ogni volta che commette un errore di ortografia, tu glielo correggi e lui ti ringrazia. Questa ultima cosa fa impazzire i ragazzini a scuola. Non importa di cosa stiamo parlando: ogni volta che troviamo un errore di ortografia, lo correggiamo in diretta. E così scopriamo che sbagliare è umano, perché sbaglia anche la creatura più umana di tutte, che è Wikipedia. Ma allo stesso tempo, sbagliare è inammissibile, sbagliare è pericoloso: tutto quello che Wikipedia ci dice potrebbe essere falso. Potrebbe essere il brutto scherzo di un’altra classe dall’altra parte del mondo, che ha tolto un migliaio di metri al Monte Bianco a maggior gloria delle vette del Caucaso. Non bisogna fidarsi ciecamente di nessuno, neanche del famoso cervello elettronico, perché in fondo che ne sa lui? Solo quello che gli abbiamo detto noi.

Insomma, caro me stesso bambino del passato, è andata più o meno come te l’immaginavi. Adesso in classe abbiamo un cervellone elettronico che risponde alle domande. Sì, a volte ti fa anche i problemi. Ma a volte li sbaglia, insomma, non ti puoi mai fidare.

Leonardo

(*) In realtà oggi ti dice: “ Al di sotto della calotta sommitale, sotto una coltre di ghiaccio e di neve spessa dai 16 ai 23 m, a quota 4.792 m si trova la cima rocciosa, spostata di 40 m circa più ad ovest rispetto alla vetta stessa. Nell’agosto del 1986 la misurazione ortometrica rilevata tramite satellite risultava di 4.804,4 m. Successivamente l’altezza ufficiale è stata per lungo tempo 4.807 m, per poi passare nel 2001 a 4.810,40 m; nel 2003 a 4.808,45; nel 2005 fu di 4.808,75; nel 2007 a 4.810,90 e nell’ultima misurazione nel settembre 2009 a 4.810,45 m [5].”

Su Wiki ho imparato a mediare (almeno online!)

Io nel luglio 2005 ho fatto una cosa brutta, una cosa scema, e una cosa bella.
La cosa brutta riguarda la mia vita personale e non credo che sia di alcun interesse per voi.


La cosa bella è aver corso dietro a un treno a Termini per finire a Valentano, e davanti a un notaio apporre la mia firma (anzi le mie firme) all’atto di fondazione di Wikimedia Italia.
La cosa scema è – nell’ordine – aver risposto a un’inserzione per un lavoro a Roma, aver parlato con una tipa al telefono, averle detto il mio contratto di allora, retribuzione e condizioni, aver accettato un colloquio e aver fatto un viaggio in treno in tailleur e scarpette (e un caldo terribile) per sentirmi dire che mi proponevano un lavoro meno qualificante, a metà stipendio per tre mesi. Se non credete alla storia delle scarpette e del tailleur, ecco la prova.

Erano anni strani quelli, per Wiki. C’erano poche persone iscritte, pochi admin, la pagina delle ultime modifiche ne contava 20 in più di mezz’ora.
I primi bot lavoravano a pieno ritmo, le modifiche ai template venivano descritte (con attente specifiche tecniche) sulle tovagliette di carta del ristorante cingalese di Via Ripamonti.
Wikipedia o ti piaceva, allora, o la odiavi, un po’ come ora. Era una medicina per la solitudine, per le anime puntigliose e cacaspilli come me (ogni correzione di una stumpa era una gioia!), era un ring in cui scontrasi e litigare su qualsiasi cosa (solo perché non c’era ancora FriendFeed) e in cui, soprattutto, affinare le proprie capacità di moderazione.
Ci si diceva che si era piccoli, ma che saremmo cresciuti. E Wiki lo ha fatto (anche) senza di me, che per le vicissitudini della vita mi sono allontanata dalla vita attiva per continuare ad appoggiarla e sostenerla più da lontano.

Su Wiki ho imparato a mediare, almeno online.
Ascoltare, leggere, trovare un giusto mezzo, o almeno provarci. Tutto questo mi è servito moltissimo nel lavoro e nella vita.
E io ho sempre pensato che non fossero un problema la piccola imprecisione, o la sottile linea di demarcazione fra enciclopedico e non enciclopedico, o la stumpa.
Non erano un problema perché chiunque aveva la libertà di editarla quella stumpa, di mettere in discussione l’imprecisione, di risolvere la voce enciclopedica. E questo è la base di Wiki, la collaborazione.
Forse sono pazza io, utopica, anarchica, una mezza criminal. Che vi devo dire.

Aurora Ghini

Ten.wiki e la storia di Asaf

Per i dieci anni di Wikipedia è stato creato un intero sito con la duplice funzione di fornire informazioni sui festeggiamenti e coordinare i wikipediani. Manco a dirlo è un wiki e si chiama “Wikipedia 10”.
Sul sito c’è una pagina con scopi simili a quelli di Dieci anni di sapere, ossia raccogliere le storie delle persone con Wikipedia.

(CC-BY-SA-3.0 by Ynhockey, via Wikimedia Commons)


Ecco la prima, la storia di Asaf di Wikimedia Israele:

Back in 2001, an Internet-savvy friend told me about a Web site with an odd notion — writing an encyclopedia through massive collaboration on a public wiki system (i.e. an easily editable Web site). I had used wikis before then; I was a free-software and open-content enthusiast already (having founded Project Ben-Yehuda — a volunteer-run project creating digital editions of public domain Hebrew texts, akin to Project Gutenberg — in 1999), and yet the notion seemed laughable. I told my friend: “Well, good luck to them, but it’s not going to work. First, the Internet is becoming wilder, and there’d be plenty of vandalism, and second, massive collaboration would never be able to handle complicated, incendiary issues, such as the Arab-Israeli conflict.

My friend answered: “Well, perhaps. But I’ve been following them for a few weeks now, and I think it’s going well, and that it has potential.” That got me curious, and so I visited Wikipedia to see for myself. I was generally impressed with the seriousness with which most contributors were treating the project, and intrigued by the potential of core Wikipedia principles like “Assume Good Faith” and “Neutral Point of View”. I edited a few articles on topics I knew something about, read a few discussions and policy pages, but did not bother to register a user account. I kept checking in every few months, contributing corrections and improvements of style and grammar, still anonymously.

By 2003, I had created a user account, and was already confident in the success of the Wikipedia model. Wikipedia was flourishing in other major languages such as French and German, and it seemed obvious to me that Wikipedia would one day replace all general-purpose (but not field-specific) print encyclopedias.

In the summer of 2003, a university student in my native Israel decided it was time to start a Hebrew edition of Wikipedia. He translated the software interface into Hebrew, and got the Hebrew edition wiki opened, beginning with the article “Mathematics[1]”.

Learning of this, I immediately thought: “Oh, this is silly; Wikipedia works (surprisingly enough) in English, French and German, but Hebrew? Seven million native speakers are just not enough to form a contributor base! And Israelis are likely to perceive editing Wikipedia as doing something for nothing! And vandalism! And politics would ruin the whole thing! No, this is absolutely doomed; no point in even trying this, it’s a waste of effort. We should all just stick to cultivating the English Wikipedia.”

But then another part of me thought: “Well, yes, that’s all true, and yet — if a Hebrew edition of Wikipedia fails, let it not be because I didn’t contribute. I should participate a little and see how it goes; it’s my duty as a Wikipedian. So I signed up and wrote Hebrew articles in my academic field (classics) — Homer, Iliad, Herodotus, Thucydides, etc.

To my utter amazement (really!), the Hebrew Wikipedia took off, new contributors appeared, a community was being formed, and I found myself gradually switching my focus to contributing to the Hebrew Wikipedia. A few years later, I began taking an interest in the wider circle of Wikimedian activity — everything related to the Wikimedia Vision (working toward giving all humans access to free knowledge in their own language) that goes beyond editing the online projects: educational outreach, government outreach, fundraising, technological development, communications and press, international cooperation, research, etc.

In 2008, I joined Wikimedia Israel (an NGO formed in 2007), the Israeli chapter affiliated with the Wikimedia Foundation, and am now a member of its executive board. Through the chapter I have been engaged in fruitful and inspiring dialogue with our peers and colleagues overseas, produced events, gave talks, and worked on various outreach and technology projects within Israel. I even had the opportunity to be instrumental in delivering 1 million French Wikipedia articles, with pictures, to villages in Cameroon and Benin with no access to the Internet, through an Israeli student expedition.

The more Wikimedia work I do, the more inspired I am by this monument of human goodwill, and the more committed I become to furthering its vision of massive collaboration by the public for the public benefit, relying only on donations to keep its hugely popular servers running (Wikipedia is the 5th most popular destination on the entire Web) and to pay the small full-time staff that maintains them and runs educational and outreach programs worldwide.

I invite you all to join and support our work, whether by contributing time online (editing the projects, even fixing typos) or offline (volunteering with a local Wikimedia chapter or the Foundation), or by contributing money. Or both! :)

Asaf Bartov, Wikipedian since 2001 Israel

[1]There is something appropriate in this, as the Greek stem ‘mathema’ means ‘learning’.

L’estrema fatica di essere neutrale

(CC-BY-SA Federico Perin)
Si descrive così: 'Medico patologo oltre la mezza età, appassionato di ambiente e di cavalli, con qualche nozione (da dilettante autodidatta) sulla programmazione in python.'


Tutto nasce dalla passione per i cavalli. Ma non la solita equitazione, le solite conoscenze che passano di bocca in bocca e si stratificano in conglomerati di luoghi comuni… quella che io chiamo “Horsematics”, cavalli e informatica, cosa che consente di scambiare idee, esperienze, suggerimenti e anche robuste conoscenze classiche in modo istantaneo, via web, contattando appassionati ed esperti di tutto il mondo. Un po’ della solita cura nel scegliere le informazioni giuste (come al solito) filtrando l’abbondantissima foffa che c’è nel web su qualsiasi argomento, ed è fatta.

Al primo approccio, Wikipedia mi spaventava sia per la forma che per i contenuti; mi sentivo perfettamente inadeguato per l’una e per gli altri. Ho preso quindi una strada indiretta: ho suggerito a Marjorie Smith, una notevole, e umanissima appassionata ed esperta, di scrivere qualcosa sul cavallo sferrato sulla Wikipedia inglese, e lei ha accettato. Piano piano, seguendo quell’articolo e la sua evoluzione, ho rotto il ghiaccio; ho incontrato la wikipedia in italiano, e ho trovato cortesi, pazienti tutor (non faccio nomi: Frieda). Però… i miei contributi erano faticosi, perché il mio interesse era concentrato su un argomento (cavalli) e, peggio ancora, era una visione molto poco NPOV (cavallo sferrato, addestramento senza dolore, monta senza imboccatura..): per quanti sforzi facessi, come tutti gli appassionati, parteggiavo. Mi costava un’estrema fatica essere neutrale. Pian piano mi sono scoraggiato, e i miei contributi sono caduti a zero.

Poi ho scoperto Wikisource: meravigliosa nicchia, in cui non esiste NPOV sui contenuti, al più sui formati e sulle linee guida. Ci sono arrivato attraverso reCAPTCHA e Internet Archive. E non l’ho più abbandonata.

Alex Brollo

Un’altra formica aveva trovato il suo posto

Sinceramente non ricordo la prima volta che capitai su Wikipedia, ne la prima volta che editai qualche sua voce. Ricordo però che ne rimasi subito affascinato: non dall’utilità o dall’indubbia praticità. Ho amato in primis l’organizzazione: sembrava di essere di fronte ad un formicaio, ognuno aveva un compito da svolgere, competenze specifiche e una paginetta dove poter socializzare. C’erano i bot che sistemavano alcune convenzioni in automatico, le ambasciate tra le varie edizioni e stati – e micro mondi di tematiche di cui non sapevo nemmeno l’esistenza.

(GFDL, by Fir0002/Flagstaffotos)
Di sé scrive: 'Mescola PHP, Bruce Springsteen, qualche pelo di Basset-Hound e avrai un'idea di me. Può bastare? :-)'


Passavo ore al bar cercando di capire ogni meccanismo e ogni regola sociale dei wikipediani – una sorta di popolazione aliena e tecnologicamente avanzata che aveva come unico obiettivo quello di scrivere qualcosa di più grande di loro.

Come tutti mi infervoravo se non trovavo una pagina da me ritenuta importante – e provavo rabbia quando capitavo su voci trattate superficialmente o vandalizzate. Amavo (e amo tutt’ora) il wikipedia-surfing, girovagare per le pagine seguendo i collegamenti – anche quelli più inaspettati.

Iniziai quindi a editare qualche pagina: non sono un intellettuale, e diciamocelo, sono anche un po’ stupidotto. Non mi sarei mai permesso di modificare pagine altrui, più che altro per incompetenza.

Ma una piccola correzione tira l’altra e mi ritrovai in pochi giorni nelle fila di quelli che fanno il “lavoro sporco”, ovvero ripristinare le voci vandalizzate: un’altra formica aveva trovato il suo posto nel terrario dell’enciclopedia on-line.

L’incarico diventò presto abbastanza frustrante, soprattutto perché non avevo nessun riscontro del lavoro che facevo: Wikipedia era ancora troppo “acerba” (eravamo nel 2005), e si scontrava quotidianamente con altre enciclopedie ben finanziate – in aggiunta alle solite polemiche sull’affidabilità delle voci.

Insomma, alla fine pensavo che Wikipedia fosse un progetto tanto bello quanto utopico. Amai e odiai ogni singola contraddizione di questa avventura.

Poi un giorno capitò l’inaspettato, l’evento che mise in crisi questa mia convinzione: mio nipotino – ai tempi senza una connessione Internet – comprò uno di quei (brutti) CD-ROM contenenti il database di Wikipedia, venduto a poco più di 10 Euro – utilizzandolo per le ricerchine e i compiti scolastici. Stampava le pagine, ritagliava le foto, incollava pezzi di testo. Lui (che ora è più alto di me) probabilmente non ha mai saputo che lo zio con buona probabilità aveva corretto qualche errore di battitura, o che aveva messo in grassetto (per lui, per me e per altri) qualche frase importante.

Io però da quel giorno mi sono sentito stranamente orgoglioso.

Luciano

Era appena capitata la Prima Grande Espansione Semiautomatica

A dirla tutta, quando a gennaio 2001 partì il progetto Wikipedia andai anche a dargli un’occhiata. Il mio commento (non scritto da nessuna parte, perché il blog l’avrei aperto solo otto mesi dopo): “interessante, ma che ci posso fare io? non è che il mio inglese sia così perfetto, anzi flawless, da poter contribuire”. Da qua si può evincere che dieci anni fa non avevo ancora il mio attuale delirio di onnipotenza, e che ero così timidone da non pensare nemmeno a proporre una versione italiana.

.mau. (notati i punti prima e dopo 'mau'? o entrambi, o nessuno, per favore!)


Con tutte le altre cose da fare nella vita, ho lasciato perdere la cosa per tre anni e mezzo, fino a che a luglio 2004 un losco individuo (l’attuale Vicepresidente di Wikimedia Italia, mica susine subsahariane!) mi chiese se poteva riciclare le mie Pillole di Teoria musicale per Wikipedia in lingua italiana. Gli diedi la mia risposta standard (“fa pure, basta che non debba perderci tempo io”), ma sono poi andato a vedere cosa c’era su questo it.wikipedia.org; era appena capitata la Prima Grande Espansione Semiautomatica ed erano stati inserite le voci su tutti i comuni d’Italia, portando il totale delle voci oltre l’allora incredibile quota di 20000 (ventimila). Pensando di poter fare qualcosa anch’io per l’enciclopedia, iniziai le prime flame con gli altri iscritti… e poi mi misi di buzzo buono a inserire le voci di base di matematica che naturalmente mancavano ma fortunatamente erano già presenti nella versione in inglese.

Quando a inizio 2005 si cominciò poi a discutere della creazione di Wikimedia Italia, da buon casinista mi ci sono fiondato e così mi sono trovato a Canino assieme agli altri sedici sciamannati, mentre mi trovavo nella curiosa situazione di essere uno degli unici due che non erano sysop di it.wiki (l’altro era sempre l’attuale Vicepresidente di Wikimedia Italia). Il resto è storia, contemporanea ma pur sempre storia.

.mau. (Maurizio Codogno)

Grazie, Wiki

Gianfranco, il primo utente che l’edizione in italiano ricordi, festeggia così il decimo compleanno di Wikipedia:

Grazie Wiki,

Il logo di Wikipedia nel 2001


oggi si segnano 10 anni di vita di questo Progetto e, prima di festeggiare, credo doveroso porgere un sentitissimo grazie a tutti i Wikipediani ed a tutti i lettori di Wikipedia. Ciò che è stato fatto in questi 10 anni è qualcosa di gigantesco, straordinario, un successo senza paragoni nell’ambito specifico ed un fenomeno senza precedenti in termini assoluti. Tutto questo lo dobbiamo a ciascuno di quelli che hanno editato nell’enciclopedia che ciascuno può editare. E vorrei che la gioia di poter fare un bilancio come quello che il Progetto fa oggi sia gioia di tutti e comune orgoglio.

Grazie perciò a tutti i Wikipediani per ciascuno dei loro edit, dal più insignificante al più sofferto, tutti ugualmente cari a ciascuno di noi lettori perché tutti hanno portato questo Progetto a crescere sino a rappresentare il più straordinario lavoro condiviso sino ad oggi conosciuto.
Grazie per aver portato questo Progetto ad essere allo stesso tempo l’enciclopedia con più contenuti, l’opera dell’Uomo con più collaboratori, il quinto sito web del Pianeta ed una tappa fondamentale della storia di Internet.
Grazie per aver consentito che Wikipedia incarnasse e consolidasse lo spirito originario della Rete, nata per consentire il progresso umano attraverso la libera condivisione delle conoscenze.
Grazie per aver aiutato questo Progetto a dimostrare che l’Uomo sa realizzare cose grandi anche quando non è il profitto lo scopo che le ispira e quando non è la gloria la remunerazione cui si può ambire.
Grazie per aver portato in Wikipedia le vostre emozioni, la vostra allegria, la vostra pazienza, la vostra pulizia morale ed intellettuale, la vostra creatività, la vostra voglia di esplorare sentieri non ancora percorsi camminandoci insieme.
Grazie per aver aiutato Wikipedia a diffondere i principi della neutralità e del consenso, proponendo un modello di interazione intellettuale prima di essa meramente utopico ed oggi invece pian piano sempre più noto e – chissà – forse un po’ più condivisibile.
Grazie per aver dato a ciascuno di noi lettori la stimolante percezione della raggiungibilità del sapere, evidenziando che il sapere deve essere alla portata di ciascuno, senza barriere sociali, economiche, politiche, religiose, etniche, o di qualunque genere, perché il sapere è una sorgente cui ciascuno deve potersi abbeverare in quanto diritto naturale di ciascuno. Se un giorno qualcuno, da qualche parte del Mondo, potrà migliorare la propria condizione perché Wikipedia lo avrà aiutato ad approcciarsi al sapere, se anche fosse una sola persona (e saranno di più), quel solo successo varrà tutto quello che è stato fatto in questo Progetto e tutta la fatica che ci avete messo, tutto l’impegno che ci avete speso, tutto l’amore che avete regalato a Wikipedia.

Grazie Wikipedia, grazie a tutti quelli che la fanno, grazie a tutti quelli che la leggono.

E’ un grazie commosso, sincero, gioioso, la cui profondità le parole che conosco non bastano a descrivere. Ci sono ancora tante tappe da doppiare, tanti traguardi da raggiungere, tanto sapere da distribuire. Ma se tiriamo un attimo il fiato e ci guardiamo intorno, almeno per oggi vorrei che tutti potessimo condividere e vivere insieme l’orgoglio di aver fatto qualcosa di veramente straordinario.

Grazie :-D
–g

Felice decimo anniversario, Wikipedia!

Anche Sue Gardner, Executive Director di Wikimedia Foundation, ha la sua storia da raccontare:

Ten years ago today, Jimmy Wales typed Hello World! into a wiki, and Wikipedia was born.

(CC-BY-SA Lane Hartwell)


Today, Wikipedia’s the fifth most-popular site on the internet, and the only site in the top 25 that provides a wholly non-commercial public service, backed by a non-profit. It’s the largest collection of information ever assembled in human history: free to use, and free of advertising. If you’re reading it, it’s for you :-)

The anniversary’s an opportunity for us all to reflect on Wikipedia: its social impact, and what we want to accomplish in the next ten years. There’s been a lot of thoughtful media coverage over the past few weeks: you can read a lot of it here.

What makes me happy about the coverage is that it seems like people’s attitudes towards Wikipedia have finally turned an important corner.

In its early years, Wikipedia was one of our culture’s dirty little secrets: everybody used it, but very few were comfortable saying so. For the longest time, the only people who openly admitted loving Wikipedia were early adopters and iconoclasts.

Today though, journalists, educators and culture critics are finally embracing Wikipedia, acknowledging that its strengths vastly outweigh its weaknesses, and that its fundamental premise works. (A reporter told me the other day that mocking Wikipedia is “so 2007.” LOL.)

So today, we celebrate all the people who built this extraordinary thing. The engineers who made the code. The people who write the articles, fix the typos, smooth the text, localize the software, answer readers’ mail, and fight off vandals and POV-pushers. The donors, who pay the bills.

I invite you to check out this page, where there are listed (at last count) 454 Wikipedia anniversary parties, conferences, film screenings and other events. If you can come to one –even if you’ve never edited or even ever met a Wikipedian– please do!

And if you can’t be with us in person, why not do a little celebratory editing? Wikipedia wants your help: here’s a really great place to get started.

Thank you to everyone who’s helped to build Wikipedia. What you’ve done is amazing. Happy anniversary!

Sue Gardner, Executive Director

Un wikipediano non è solo un giovane smanettone, nerd e tuttologo

Auguri!!
Io ho iniziato solo da quattro anni a modificare Wikipedia, prima per anni ho solo “guardato”.


Devo dire che non mi ritrovo nell’immagine che danno i media del “wikipediano”: un giovane smanettone un po’ nerd che fa il tuttologo. Ho più di 50 anni, tre figli, dirigente di ricerca, insegno (materie varie informatiche) all’università da dieci anni.

Nel compleanno di Wikipedia, cui negli anni ho contribuito volentieri anche con piccole somme, sono andato a rivedere i miei (modesti) contributi … che tenerezza!
In pratica una storia dei miei interessi, sia lavorativi che personali: personaggi, spunti da letture e passioni di ogni tipo, dal software libero alla moto alla via Francigena alle poesie che amo!

Ora a breve cambierò tipo di lavoro e avrò più tempo per me e per Wikipedia … a presto!

Carlo Vaccari